A fine novembre 2020 è stato inaugurato il nuovo acquedotto di Kholakharka. L’infrastruttura serve una cinquantina di case sparse su un vasto pendio che, dal crinale sommitale, degrada fino al torrente, 800 metri più a valle. Per rifornire d’acqua queste abitazioni, che ne erano sprovviste e che ora sono tutte dotate di una fontana esterna, è stato necessario reperire due sorgenti di acqua confacenti, a tre-quattro chilometri dall’abitato, poi allestire le captazioni, le condutture e i serbatoi con le diramazioni per addurre l’acqua fino alla soglia delle case. Quest’opera è stata realizzata con il concorso degli abitanti del villaggio – uomini soprattutto, ma anche donne – che questa primavera si sono accordati sul progetto e si sono impegnati ad eseguirlo durante l’estate e l’autunno.
Paradossalmente, l’occasione per realizzare quest’impresa, da tempo auspicata, è stata la pandemia Covid 19 con i suoi nefasti effetti: l’interruzione dell’afflusso di turisti in Nepal, l’assenza di trekking himalayani, la disoccupazione per gli abitanti del villaggio sherpa di Kholakharka, la cui principale fonte di guadagno è l’impiego come guide e portatori nelle spedizioni turistiche. Questa situazione di disagio e penuria ha potuto essere ribaltata grazie allo spirito di iniziativa degli abitanti e all’offerta di sostenerli finanziariamente da parte di ACTA–Ticino. Al nostro amico Pemba Ngawang Sherpa e ad altri amici nepalesi, che ci facevano presenti le difficoltà cui sarebbero andati incontro in questo sventurato 2020, abbiamo proposto di identificare un’opera di interesse pubblico, da realizzare investendovi la mano d’opera che la pandemia stava rendendo disponibile. Da parte nostra, avremmo provveduto a raccogliere i fondi necessari all’acquisto del materiale e alle paghe dei lavoratori. Non se lo sono fatto ripetere. Dopo essersi consultati tra di loro, la risposta determinata è stata: “l’acquedotto”. Ottenuto l’ok da ACTA, è stato sorprendente per noi constatare come si siano immediatamente mobilitati, mostrando capacità cooperative, progettuali e realizzative inattese, sotto l’abile conduzione di Pemba, rivelatosi un manager efficiente. Una volta sottoscritto l’impegno a collaborare, sono ricorsi alle competenze di un ingegnere per definire il progetto e calcolare i materiali e gli attrezzi occorrenti; se li sono poi procurati o andando a estrarli nelle vicinanze o ordinandoli e facendoli pervenire al capoluogo del distretto; ne hanno in seguito organizzato il trasporto fin sui cantieri con fuoristrada o a dorso umano; hanno infine scavato, deposto tubi, costruito serbatoi e via dicendo, riuscendo a coordinare tutte le varie attività in modo da evitare il periodo monsonico più intenso e da terminare i lavori prima dell’arrivo del freddo e del gelo. Chapeau!
Il costo totale dell’opera è stato di 33’000 US$, comprendente le paghe dei lavoratori (direttore lavori, ingegnere, operai qualificati e manovalanza): 10’560 US$; il materiale: 15’160 US$; i trasporti: 5’280 US$; altre spese: 2’000 US$.
L’importo è stato interamente coperto da ACTA, grazie al generoso contributo della “Fondazione aiuto alla cooperazione e allo sviluppo” con sede a Lugano, e a quelli di molti altri amici e conoscenti.
Le ripetute manifestazioni di gratitudine che ci hanno trasmesso per come hanno potuto vivere quest’anno segnato dalla pandemia e per il manufatto realizzato, che migliora notevolmente il loro confort e la loro igiene, le giriamo a voi che avete contribuito al finanziamento di questa impresa.
Nathalie Frieden ha intervistato Pemba via Zoom.
Ecco il riassunto di quanto dice, e, sotto, la video con alcuni spezzoni dell’intervista.
Pemba: “Ringrazio tanto, siamo tutti molto felici per il vostro grande aiuto. Il periodo è difficile, non c’è lavoro, niente turisti e dunque nessun trekking.
All’inizio ci sono state lunghe discussioni per il progetto. Abbiamo trovato due sorgenti, una delle quali più importante. Hanno lavorato dalle 20 alle 45 persone, a seconda del periodo e del tipo di lavoro da fare, più specializzato oppure di semplice manovalanza.
Abbiamo comperato il cemento e le tubature a Okhaldhunga, il nostro capoluogo di distretto. Le tubature sono state messe un metro sotto terra per il pericolo di gelo. Ci sono voluti 2/3 mesi di lavoro, da agosto a ottobre. Un problema è dato dal fatto che le case sono tutte distanti una dall’altra.
Certo è stato un grosso cambiamento nella nostra vita. Prima solo i più ricchi potevano avere sempre l’acqua, perché potevano comprare i tubi per portare l’acqua dai ruscelli a casa. La nostra famiglia, come altre, essendo noi molto poveri, spesso, soprattutto d’inverno, non avevamo acqua di buona qualità, e quella che riuscivamo a trovare la usavamo con molta parsimonia: usavamo l’acqua per bere e per cucinare, e lavavamo solo lo stretto necessario: per esempio non lavavamo i piatti, e i vestiti solo una volta al mese. Da giovane ricordo che spesso dovevo andare a prendere l’acqua a un’ora di cammino.
Ora la situazione è cambiata. Tutti abbiamo la stessa acqua, non ci sono più differenze e non ci sono spese. Arriva direttamente a casa ed è di ottima qualità, pulita e fresca. Il lavoro è stato fatto in modo molto professionale, sia i serbatoi in cemento, sia le tubature e non teme il gelo. Certo c’è sempre il pericolo di valanghe o di un terremoto…
Siamo tutti felici e ringraziamo calorosamente per l’aiuto.
Quando sarà possibile, faremo una festa con le famiglie e con il rappresentante del Ministero dell’acqua.
Il riconoscimento ufficiale del progetto sarà molto importante perché grazie a questo, in caso di problemi tecnici potremo avere l’aiuto di un ingegnere.
La situazione rimane comunque difficile. Secondo le previsioni non ci saranno trekking prima del mese di settembre 2021 e dunque niente lavoro. Inoltre è difficile spostarsi in altre regioni dove ci potrebbe essere del lavoro, perché spesso è richiesta una quarantena.”
Nathalie chiacchiera con Pemba (guarda il video)